Lo Champagne
La prima volta che apparve il nome Champagne abbinato a un vino non fu certo per declamarne la qualità. Era riferito a un vino del villaggio di Ay, a destra del fiume Marne, a pochi passi da Epernay: un vino, probabilmente non uno spumante, sconsigliato per il delicato stomaco dei reali di Francia.
In quegli anni il vino della Champagne non si chiamava Champagne, ma prendeva il nome di villaggi dispersi nel territorio: qualche volta aveva la spuma, qualche volta no, e il guaio era che rischiava di fare la spuma anche il vino rosso, se non si attendeva la fine dell'estate prima di imbottigliarlo. Per molto tempo, inoltre, accadde che il vino spumasse una volta giunto a destinazione, dopo il viaggio verso Paesi stranieri.
Il monaco che inventò lo champagne
Nel '600 la Champagne era, come altre zone di Francia, dedita a rincorrere la cristianizzazione, avviata 1200 anni prima con il battesimo di Clodoveo I nella cattedrale di Reims. Le abbazie venivano erette dappertutto al motto di "ora et labora" e... "bibe", visto che ai monaci era assegnata una razione giornaliera di vino per ritemprarsi dalle fatiche lavorative. La diffusione di queste abbazie procurò lo sviluppo ragionato della coltivazione della vitis vinifera, mentre gli studi sull'aspetto agrario, botanico ed enologico condussero a una scientificizzazione del processo di ottenimento del vino.
Non fu un caso, infatti, che il lavoro compiuto nell'abbazia di Saint-Pierre d'Hautvillers da un monaco benedettino con la passione per il canto fece diventare il vino fermo di quel territorio prima un vino moussant (che fa la spuma, la mousse) e poi lo Champagne. Questo non significa che Dom Pierre Pèrignon sia l'inventore di questo vino, però gli va riconosciuto di aver oltrepassato un "guado" enologico: dall'improvvisazione e dalla speranza di vedere le bollicine, alla metodica produzione di un vino contenente un certo numero di micro bolle.
Quel nuovo gusto, piacque ai giovani rampolli della nobilità e dell'aristocrazia di tutta Europa. Era un vino costoso, se ne produceva poco e quel poco accompagnava sempre situazioni conviviali condite con trasgressioni. Piacque anche ai rivoluzionari, da Danton a Robespierre, che volentieri lo accompagnavano con ali di pollo fritte, e non lo negarono nemmeno alla nemica Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena durante la sua detenzione.
Lo Champagne è, più di ogni altro, il vino che si è legato ai potenti, a coloro che hanno fatto la storia d'Europa. Era il vino illuminista di Voltaire, era quello maledetto di Baudelaire, era il nettare notturno di Toulouse-Lautrec nei cabaret di Pigalle. Non è facile sottrarsi al suo gusto accattivante e suadente, creato dallo "stregato" assemblaggio delle uve pinot nero, chardonnay e pinot meunier, coltivate in un territorio situato al limite della coltivazione della vite. Una terra viticola all'estremo nord della Francia, un vino estremo lo Champagne. Deve frizzare senza "pizzicare" (in gergo, si dice bucare) il palato, deve profumare senza urtare la sensibilità alfattiva, è obbligato a risplendere piuttosto che splendere: in altre parole, è destinato a essere unico.
Il metodo "Champenoise"
Le bollicine si creano con la rifermentaizone in bottiglia: a una miscela di vini, anche di differenti annate, si aggiunge la liquèur de tirage (zuccheri e lieviti che, fermentando, creano alcol e bollicine). Le bottiglie sono poi disposte in orizzontale (sur lattes, sostenute da listarelle di legno) per lasciar depositare i lieviti esausti. Grazie al remuage i depositi sono raccolti sulla punta della bottiglia (a contatto con il tappo): con il degorgèment, la "sboccatura" sono espulsi. Il successivo riposo in bottiglia serve per ottenere un'amalgama perfetta.
Non bevetelo nelle flute
Descrivere il gusto dello Champagne non è possibile, perché i suoi gusti sono tanti e "caleidoscopici", determinati dalle diverse uve, dai diversi stili produttivi e territori, da segrete sfumature custodite da ogni Maison. Il clima freddo della Champagne rinfresca le uve in vigna e affresca il vino di graziose e pungenti impressioni, sia al naso sia in bocca, diretta conseguenza delle bollicine presenti. Lo Champagne offre il meglio di sé quando si presenta al palato con un gusto vivace e saporito, quando l'anidride carbonica non pizzica sulla lingua, quando il suo finale di gusto è intriso di un agrumato minerale e si prolunga con delicatezza nel tempo. Per il servizio, lasciate le Flute a occasioni di brunch, buffet o feste frizzanti: se deve accompagnare un menu, servitelo in calici dall'imbocco più ampio, come quelli da vino Chardonnay.
Saluteeeeee!!!!!!! :)
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