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  • Le morbide colline maremmane e la cura per la terra. Foto: Alessandro Baldacci.
  • Orbetello - Totale immersione nella Storia con il gruppo di rievocazione. Foto: Mario Regina.
  • Carlotta, la cernia mascotte dell'Acquario Mediterraneo dell'Argentario. Foto: Francesca Birardi.

La Spedizione dei Mille

Era il 7 Maggio del 1860, a Talamone, un paesino sulla costa tirrenica, la giornata stava trascorrendo nella consueta tranquillità, quando, tra le vie del centro, cominciò a diffondersi la notizia dell'arrivo di due grosse imbarcazioni. Si trattava di due navi a vapore: la Lombardo e la Piemonte, entrambe proprietà della società Rubattino, entrambe rubate due sere prima dal porto di Genova, dove si trovavano ormeggiate. La cosa potrebbe sembrare piuttosto bizzarra, in effetti rubare una nave non è proprio come rubare, non so, una borsa, rubare due navi poi... per giunta imbarcazioni a vapore, che di certo non partono girando la chiave nel quadro dei comandi, ma necessitano di tempi sicuramente più lunghi. Il fatto è che quelle due navi dovevano essere rubate, e a questo scopo si erano accordati tutti quanti: i marinai, le guardie del molo, i proprietari e, ovviamente, i ladri. Questo perché con quelle navi si sarebbe dovuta compiere una spedizione che minacciava di innervosire notevolmente gli austriaci, che a loro volta avrebbero potuto rifarsi sulla società Rubattino, meglio quindi inscenare un furto, ma da parte di chi?

Giuseppe Garibaldi in una foto dell'epoca. Autore Sconosciuto.Poco dopo la notizia dell'attracco, cominciò a circolare nelle solite vie di prima, un nome, a dire il vero piuttosto conosciuto a quei tempi, talmente conosciuto da suscitare una buona dose di incredulità. Una barca trasportò immediatamente il comandante del porto e quello del forte, entrambi con tanto di feluca e veste ufficiale, a bordo del Piemonte, dove ad attenderli trovano Giuseppe Garibaldi in persona.

Nella conversazione che seguì, l'eroe dei due mondi, dovette spiegare il motivo di quella visita, e proprio questa spiegazione ci sarà utile anche a capire per quale motivo un personaggio di tal fatta dovette rubare due navi. Assieme ad altri 1150 uomini circa, il nostro Garibaldi, era partito da Genova per raggiungere il Regno delle due Sicilie, e lì fomentare la rivolta che avrebbe portato l'Italia del sud nel regno dei Savoia. L'Unità d'Italia era lo scopo di questa impresa, concepita da Francesco Crispi e Rosolino Pilo, che presero entrambi parte alla spedizione, il primo tornando anche indietro, il secondo cadendo invece durante la presa di Palermo.

Garibaldi non era una persona qualunque, capitano di marina, seguace del socialismo utopistico di Saint-Simon, nel 1833 aderì alla Giovane Italia. Nel Dicembre del 1835 si trasferì in Sud America, dove combatté prima in difesa della Repubblica di Rio Grande do Sul, ribellatasi all'imperatore del Brasile, poi a fianco del presidente uruguayano Ribera contro il rivale Oribe, sostenuto dal dittatore argentino Rosas. Nel corso di quest'ultima guerra costituì a Montevideo la Legione italiana, primo corpo garibaldino ad indossare la famosa camicia rossa. A Montevideo dovette trovarsi piuttosto bene, dato che trovò il tempo anche di sposarsi, con l'unico grande amore della sua vita: Anita Ribeiro.

Tornò in Italia per prendere parte alla prima guerra d'indipendenza, diventando deputato alla costituente romana, ma alla caduta della città assediata dai francesi, accorsi in aiuto del Papa, fu costretto ad una avventurosa fuga nell'Italia centrale, durante la quale perse Anita. Espulso dal Piemonte nel 1850, se ne andò a New York, dove restò fino al 1854 viaggiando come comandante di navi mercantili. Nel 1854 fu accolto in Italia da Cavour, che lo convinse ad abbandonare la politica rivoluzionaria dei Mazziniani, per sposare la causa del Piemonte sabaudo.

Così a 53 anni, dopo averne passate già tante, Garibaldi fece scalo nel porto toscano, regalando qualche giorno a terra ai suoi volontari che riempirono letteralmente il paese. Durante la sosta si dovette ovviare anche ad un altro problema, quello delle armi, senza le quali vincere una guerra sarebbe diventato alquanto difficile. Dal castello di Talamone ne arrivarono un po', ma dato che Orbetello non era affatto lontano, il colonnello Turr, raggiunse la cittadina in riva alla laguna, incontrandosi con il comandante della fortezza.

A questo punto, per comprendere lo stato d'animo in cui dovette trovarsi il tenente – colonnello Giorgini, dovremo fare un paio di considerazioni. Prima di tutto mettiamoci nei panni di un ufficiale che, ad Orbetello, un giorno si vede arrivare l'aiutante di campo di Garibaldi che gli chiede le munizioni per far insorgere il Regno delle due Sicilie e costruire l'Unità d'Italia. Poi pensiamo anche a che cosa vuol dire, per un militare, consegnare le armi e le munizioni della propria fortezza. Fatto sta che la Spedizione dei mille ottenne tanto le armi quanto le munizioni, e Garibladi si dimostrò profondamente riconoscente verso questo ufficiale orbetellano che, per quel gesto, sarebbe andato incontro ad un bel po' di guai. Giorgini fu infatti imprigionato nella fortezza di Alessandria, e dovette aspettare diversi mesi per poter essere liberato, con la pena cancellata dal tripudio sprigionatosi per il Regno d'Italia.

Anche Porto Santo Stefano, infine, fu chiamato a dare il proprio contributo. Prima di partire verso la Sicilia infatti, Gerolamo Bixio, detto Nino, raggiunse i magazzini del porto di Monte Argentario per fare il carico di carbone. Sembra quasi di sentirli, i sarcastici maremmani di quei tempi: «Volete altro?».

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